logo GamerClick.it

-

Ed eccoci qua.
Se c'è qualche stalker del mio profilo, magari qualche streamer che vuole fare content facile bullizzando uno sconosciuto online, questo qualcuno si starà facendo una domanda: "Ma come? In altre sedi hai detto peste e corna dell'Attacco dei giganti, gli dai 6 e mezzo? Ma sei incoerente o cosa?".
Ebbene, in verità, in verità io vi dico, a differenza di molti, io ho un'onestà intellettuale.

L'Attacco dei giganti, di per sé, non è un'opera malvagia.
E' un manga carino, con dei disegni indecenti, adattato in un gran bell'anime a livello di animazioni, anime di cui non parlerò perché questa è la pagina del manga.
Quindi, parlando del manga, partiamo dal punto che mi occuperà probabilmente meno tempo nella recensione: i disegni.

Facciamoci tutti una sola e unica domanda "Perché questi disegni vengono così facilmente perdonati?".
No, perché l'Attacco dei Giganti è disegnato male!
Ma davvero male!
Soprattutto, i disegni non diventano mai davvero sufficienti, ma passano solo da "molti brutti" a "bruttini". Non c'è nessuna tavola del manga che sia un piacere per gli occhi, ma si ha sempre questa strana sensazione di star leggendo il fumetto pubblicato online di un ragazzino ai primi anni di liceo artistico. Quel livello di disegno in cui sai solo le basi, ma non le padroneggi bene, non hai alcuna finezza e non hai ancora sviluppato la capacità di pulire e rifinire le tavole.
Di solito, a sminuire ciò, si usa la retorica del "ha dei pregi così alti (in questo caso, a livello narrativo) che i suoi difetti passano in secondo piano". Una retorica che potrebbe anche starci, non ci fossero due problemi di base: Primo, "in secondo piano" non significa "smette di esistere"; secondo, l'Attacco dei Giganti non è scritto così bene.

Sì, perché è la verità. L'Attacco dei giganti NON è gestito bene.
Anzi, dirò di più, l'Attacco dei giganti è classica storia che ti scrive un autore in erba che conosce alcuni fondamenti di narrativa, ma si imbarca in un progetto più grande di lui, che non ha chiaramente pianificato nei dettagli, e deve fare ricorso a dei mezzi narrativi "panacea" capaci di mantenere in piedi tutto il flusso della narrazione.
Ma non riempiamoci la bocca solo di parole, e facciamo esempi concreti, premettendo che ci saranno spoiler su tutta l'opera.

- INIZIO SPOILER -

Dunque, quali sono i maggiori nodi di trama dell'Attacco dei giganti?

- L'umanità vive nelle mura al riparo dai giganti, quando improvvisamente le cose cambiano a causa di giganti apparentemente senzienti.
- Il re di questi uomini è un re fantoccio, la vera famiglia reale può ereditare un potere incredibile.
- Quelli che conosciamo non sono tutti gli uomini, ma una parte scacciata da una civiltà più grande e avanzata poiché discendenti di una figura nota come Ymir, il progenitore dei giganti.
- Il potere della famiglia reale è quello di poter entrare in contatto con Ymir e fare tre cose: controllare in più aspetti (memoria, biologia...) il popolo di Ymir, evocare un'armata di giganti colossali capaci di sterminare l'umanità e viaggiare nel tempo.
- Finale: si scopre che Eren, come Dr Strange in Endgame, ha avuto esperienza di tutti i futuri possibili e si è rassegnato a creare le condizioni in cui lui diventa il nemico ultimo dell'umanità, sterminandone la maggior parte ma permettendo a una gran parte di sopravvivere.

- FINE SPOLER -

Di tutto questo, la maggioranza ha avuto da ridire solo sul finale, perché è il deus ex machina dei deus ex machina, ma ha accettato tutto il resto. Eppure, analizzando bene, ci si può rendere conto di una cosa. I colpi di scena dell'Attacco dei giganti... non sono veri colpi di scena. Non di quelli fatti bene, almeno.
Di solito, è molto apprezzato in narrativa fare dei plot twist basati su elementi che un lettore può cogliere ma non capire del tutto, in modo che una volta che si arrivi al plot twist si capisca che ha perfettamente senso e che c'erano tutti gli elementi per arrivarci. I plot twist dell'Attacco dei giganti, soprattutto dopo il timeskip, sono invece dei deus ex machina camuffati in modo che non sembrino tali, ma che in realtà possono funzionare per giustificare qualsiasi cosa.
Uno dei maggiori colpi di scena è che Ymir abbia guidato i protagonisti affinché si venga a creare una determinata situazione. Questa cosa, cambiando nomi e alcuni dettagli minori, la si potrebbe incollare nella trama del Signore degli anelli, di Nier Automata o di Ghost in the Shell, e funzionerebbe lo stesso.
"In quel momento, prima di gettare l'anello nel Monte Fato, Frodo si rese conto di essere stato guidato da Eru Ilùvatar, la divinità creatrice di Arda, per sconfiggere Sauron." Vedete? Funziona.
Non è un colpo di scena, è una trovata narrativa che a posteriori può giustificare tutto.

Ma tutto questo potrebbe anche essere accettabile, non fosse che Isayama riesce pure a perdere il controllo sul finale.
Un finale che dimostra come lui non fosse pronto a gestire tutto ciò che aveva creato, e ha dovuto creare una pezza gigantesca capace davvero di giustificare tutto, ma che non è riuscito a camuffare bene. Un finale che lui stesso, in più interviste, ha detto di non apprezzare. Probabilmente perché non è stupido, e si è reso conto di aver fallito là dove un autore esperto avrebbe dovuto risplendere, è rimasto schiacciato dalla sua stessa ambizione. Ha provato ad aggiungere dei contenuti per sistemare il tutto, con il risultato di peggiorare ancora di più la situazione, sia a livello di sceneggiatura che di opinione pubblica.
Una storia tragica, a suo modo. Quasi più interessante dell'opera stessa.

Però, si potrebbe dire che l'Attacco dei giganti sia un'opera di altissima qualità che svacca nel finale, no? No.
E' di qualità buona nella prima parte, ed è mediocre nella seconda parte.

Partiamo sfatando un mito: i personaggi di quest'opera non sono profondi, non sono sfaccettati e non sono "umani e credibili".
Sono personaggi con una caratterizzazione sufficiente a non confonderli gli uni con gli altri, ma che non si comportano mai davvero in modo umano, e che comunque si basano su degli stereotipi, un po' camuffati (come i deus ex machina) e non tutti giapponesi, ma stereotipi sono. Eren è il protagonista shonen che vuole cambiare il mondo A.K.A. spaccare tutto, Mikasa è una tsundere, Armin è il classico nerd dal cuore buono ma spostato in un contesto simil fantasy, e gli altri personaggi seguono antifone simili. Aggiungere dei momenti di crisi non significa che evolvano, e soprattutto non significa che siano gestiti bene. Tutt'altro.

La seconda parte del manga, quella dopo il timeskip, è un macello a livello narrativo. Isayama ha messo troppa carne sul fuoco, e si è prodigato con vari escamotage a nascondere le cose che iniziavano a bruciare, ma un occhio esperto sa dove guardare e capisce dove sono i problemi.
La grande quantità di elementi narrativi da introdurre e gestire viene spesso fatta in modo didascalico, si ha sempre una costante sensazione che l'opera abbia "smesso di respirare". Succedono tante cose, molto velocemente, troppo velocemente. Non ci sono più momenti di pausa, di riposo tra un evento e l'altro, rendendo la lettura caotica.
Ma, soprattutto, non sono più i personaggi a mandare avanti la storia con le loro azioni, ma è la storia che li muove a forza per farsi mandare avanti. Questo appiattisce delle caratterizzazioni giù non così profonde.
Massima testimonianza di ciò è Eren: un personaggio su cui tutti si sono sperticati in atti di onanismo sulle sue azioni in questa parte della storia, credendo chissà quali piani stesse complottando, ma che in realtà è stato eroso dagli ingranaggi della narrazione affinché essi continuassero a girare.
Ed è letteralmente così, dato il colpo di scena finale.
Chiaramente, non mi aspettavo che Eren rimanesse un eterno incazzato con il mondo e con i giganti, ma la sua non è stata un'evoluzione, ma un cambiamento artificiale.

Ecco, artificiale.
Credo sia la parola che, più di tutte, possa racchiudere l'Attacco dei giganti.
Sin dall'inizio, è un'opera che cerca di essere quello che non è, mascherando i suoi difetti in modi che, a quanto pare, hanno funzionato. Non c'è amore nell'Attacco dei giganti, c'è molta poca arte. C'è solo una storia, e costanti iniezioni di dopamina per mantenere l'attenzione alta, mentre dietro le quinte si opera per nascondere la polvere sotto il tappetto, occultare tutte le sue mancanze.
Un'opera tuttalpiù sufficiente nei suoi picchi più alti, il cui unico vero merito è che, nella visione d'insieme, è leggermente meglio di altri suoi metri di paragone.

Sì, perché gliene va dato atto, l'Attacco dei Giganti, a differenza di opere come Naruto o Bleach, perde del tutto la brocca solo sul finale, laddove altre l'hanno persa molto prima, perdendo d'identità e d'interesse.
L'Attacco dei Giganti è un re orbo in un paese di ciechi, un altare di legno su un cumulo di letame. A questo altare molti si sono inginocchiati, venerandolo come un messia, non rendendosi conto di essere imprigionati nella caverna di Platone.

Ma io vi lascio con una profezia.
In verità, in verità io vi dico. Verrà un giorno in cui una nuova generazione non avrà i fumi dei media e dell'hype, e analizzerà l'Attacco dei Giganti. Laddove molti oggi dicono "Un capolavoro che cambierà la storia", essi diranno solo "Come abbiamo fatto a sbagliarci così tanto?".
Le mie parole saranno dimenticate, come lacrime nella pioggia, ma in cuor mio so di aver ragione.

Auf wiedersehen.